io e lo yoga
Io, lo yoga, l’ho incontrato da ragazza, per caso. Dello yoga non ne sapevo un granché; quello che mi affascinava era la sua origine lontana, l’India, che in quegli anni frikkettoni faceva sognare in tanti. Era il 1979, una vita fa! Quel sapore d’oriente mi incantava e sentivo che lo yoga poteva essere uno strumento per fare conoscenza di me. La conoscenza del sé è arrivata molto dopo. Hata Yoga, fu il mio primo yoga, in quegli anni l’unico in Italia. Ho cominciato con un’insegnante, allieva del maestro Carlo Patrian (1930-2008), pioniere dello yoga in Italia. Come spesso succede l’incontro con il primo insegnante è quello che ti farà continuare la strada oppure no. Durante la mia seconda gravidanza ho incontrato la maestra Gabriella Cella, che mi ha accompagnato per quel tratto di vita così importante: un’esperienza unica dove lo yoga trova un aspetto femminile intenso. Dopo la nascita del secondo figlio, appena ho rivisto la possibilità di trovare nuovamente uno spazio per me, mi sono di nuovo messa alla ricerca di un insegnante. Sembrava che non riuscissi proprio a concordare gli impegni con lo yoga: il luogo dove praticare era lontano, le lezioni erano in orari incompatibili con la prole. Ero molto scoraggiata. Le cose accadono e gli incontri avvengono, spesso quando si smette di cercare. Un giorno entri nella tua erboristeria di fiducia e la maga delle erbe ti racconta di aver conosciuto il giorno prima due insegnanti di yoga. Così cercavo un insegnante e ne ho incontrati due: Renata Angelini e Moiz Palaci che mi hanno avvicinato al Raja Yoga. Quando è maturato il desiderio di approfondire lo yoga ho seguito i corsi di formazione per insegnanti presso l’Associazione Italiana di Raja Yoga. Da molto tempo lo insegno, Renata e Moiz sono ancora oggi i miei maestri con loro pratico settimanalmente e seguo i loro seminari. Sul percorso ho incontrato altri maestri, ognuno di loro ha lasciato una traccia che ha contribuito al mio percorso personale. Significativo è stato l’incontro con Vimala Thakar (15.4.1923-11.3.2009), che ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere nel 2006 in India.
Nella pratica di Raja Yoga (raja significa: regale, nobile) il corpo è un veicolo per la meditazione. L’ascolto sempre più sottile del corpo, del respiro, di sé prepara il terreno allo stato meditativo. Una pratica fisicamente intensa che ha la leggerezza dell’ascoltare ciò che è, nel riconoscere i propri limiti e nel rispettarli. Un silenzio che si apre tra un gesto e l’altro, tra un respiro e il successivo, nella piena consapevolezza dell’esserci in quell’istante che è unico e irripetibile. Guai a ricercarlo con la volontà: si rimarrà delusi. Lo yoga è uno stato che appare quando si è pienamente presenti a sé, e questo non lo si può comandare. Sul tappetino occorre essere veri istante dopo istante. Non si può essere la riproduzione di una immagine che abbiamo di noi o di una Asana (posizione).
Insegnante formidabile.
Grazie. Om.